Pizza in spiaggia

Pizza in spiaggia

Sei puntuale come sempre, come ogni giorno che non piove. Arrivi, e non cambia molto che io sia sdraiato a sonnecchiare o seduto a fissare le onde, le goccioline portate a riva dal vento, perché tu arrivi, sempre. A volte ti vedo da lontano, appena inizi a scendere le scalette che portano a questa spiaggia, e faccio finta di niente continuando a fare, o non fare, quello che stavo facendo o non facendo, tanto prima o poi arrivi anche da me, imperterrita, coi tuoi vestiti sempre svolazzanti, anche senza vento, vieni da me anche quando sono davvero addormentato.

Ma quando sono sveglio, e ti vedo arrivare, guardo i tuoi vestitini corti, che non sono volgari, guardo le tue mani che tengono i volantini, sì, quelli della pizzeria qui dietro, e li tieni con due mani perché c’è sempre vento, da noi, chissà se hai iniziato a farci l’abitudine. E con quei volantini vai da tutti, non solo da me, pieghi leggermente il busto in avanti verso le persone sedute o sdraiate, e sorridendo, porgendo loro uno dei volantini, dici solo “pizza in spiaggiaaa” con quella tua cantilena slava e dolce, con l’accento sulla ultima “a”, che detta da te diventa lunghissima.

Non ho mai ordinato una pizza del tuo volantino, ma mai ne ho rifiutato uno. Vengo in spiaggia sul tardi, verso le sei, quando la maggior parte delle persone ormai se ne sono andate e la spiaggia è per metà in ombra. Faccio un bagno con calma, nuotando poco, galleggiando per lo più a peso morto. Mi lascio scuotere dalle onde che mi fanno sobbalzare, a volte con forza, a volte dolcemente, su e giù, un po’ mi inclinano a destra, un po’ a sinistra, e come barca ancorata poco lontano dalla spiaggia prendo la direzione della corrente.

Poi torno a riva per godermi gli ultimi minuti di sole, un po’ mi asciugo, un po’ no, ma non m’importa perché è estate, fa caldo, e quello che conta è essere lì, al mare, sempre nella stessa spiaggia, con gli stessi scogli che la incorniciano, quegli scogli che sembrano addirittura proteggerla e invece creano dei flussi di corrente fortissimi, che la erodono e la mangiano pian piano, e se per caso ci sei tu, in acqua, nel momento sbagliato, ecco che in un attimo, puff, sei a cento metro dalla battigia, senza alcuna speranza di riuscire a tornare.

Ma questo, diciamolo, non è un problema che ti riguardi poi tanto. Certo, se i bagnanti se li porta via il mare, non potrai dare i tuoi volantini. Comunque sia, almeno, i volantini sono sempre salvi, con o senza il mare mosso, perché te all’acqua non ti ci avvicini neanche.

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Scendi le scalette che portano dalla strada alla spiaggia, i volantini sempre al petto, tenuti stretti da entrambe le mani come cosa preziosa, poi inizi a distribuirli col solito sorriso, con quel tuo lieve inchino, “pizze in spiaggiaaa”. E così come sei arrivata, col tuo vestito corto e svolazzante, oggi nero ma ieri magari grigio chiaro, e domani, chissa?, sempre col sopra del costume che sporge sulle spalle, essendo legato dietro al collo, insomma come sei arrivata te ne vai, e sembra che il mare per te neanche esista.

Eppure quel costume che sporge, mi dico io, vorrà dire qualcosa. Dove ti tuffi, di solito?, mi chiedo. E nella spiaggia che frequenti, c’è mica un ragazzo che porta volantini di una pizzeria? Perché se così fosse, se venissi a scoprire che frequenti quella spiaggia solo per vedere lui, solo per attendere quel volantino da cui mai ordinerai una pizza, beh, sarebbe un bell’equivoco. Io, qui, ad aspettare te che tardi perché sei là, ad aspettare lui.

E forse neanche mi vedi, mentre scendi le scalette, mentre ti avvicini a me, dopo tutti gli altri, piegandoti leggermente in avanti, un braccio teso verso il basso col solito volantino in mano. Mi guardi, mi sorridi dicendo “pizza in spiaggiaaa”, ma non mi vedi. È questo il bello; io vengo qui tutti i giorni ad aspettarti, seduto o sdraiato su questi ciottoli scomodi, ma sempre leggermente rivolto alla scaletta, per lanciarci un’occhiata di tanto in tanto, e sperare di incrociare il tuo sguardo, sperare di essere visto. Nient’altro.

Infatti, così devono rimanere le cose. Io che ti ringrazio per il volantino, tu che passi al bagnante successivo, senza rivolgerci altre parole, senza sapere nulla dell’altro. E per quanto andrà avanti?, mi chiedo.

Un giorno, prima o poi, tu smetterai di venire in questa spiaggia. Allora io aspetterò che qualcun altro scenda da quelle scalette, o addirittura da altre. Eppure, non mi scorderò di te, ci pensi?, di te che neanche conosco, di te che in realtà non voglio conoscere. Mi basta vederti scendere quelle scalette, vederti chinare leggermente a porgermi il volantino che non ho mai osservato davvero, e poi vederti andar via, mi basta così poco per essere contento.

Così, quando arriverà il giorno in cui non ti vedrò, non mi strapperò i capelli, non farò scenate disperate, semplicemente capirò che quel giorno che sapevo sarebbe arrivato, è arrivato. Ed è il giorno in cui tutto cambia, anche se alla fine rimane com’è, perché ogni storia ha un momento in cui un colpo di scena, un rivolgimento cambia tutto, i protagonisti, le inquadrature, i colori. Ma rimarrà da qualche parte il ricordo di quelle attese, seduto o sdraiato, in quella spiaggia di sassi, un po’ rivolto verso la scaletta, aspettando che arrivi l’ennesima sconosciuta, aspettando che se ne vada per l’ultima volta.

Poi, una sera tra molti anni, mentre sarò seduto ai tavolini esterni di un bar, ti vedrò passare, ormai anziana, come me, e passerai con uno dei tuoi vestitini svolazzanti, questa volta un po’ più lungo di quelli che ero solito vedere, le braccia stese lungo i fianchi, le mani libere. Ti guarderò passare a pochi metri da me e ancora una volta, tu non mi vedrai. Non avrò mai la certezza di aver visto proprio te, è vero, ma basterà una donna simile a come io ti immagino per risvegliare il ricordo di ciò che non siamo stati mai.

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