Cronache genovesi – La vista dal terrazzino

Cronache genovesi – La vista dal terrazzino

Anche oggi, come tutti gli altri giorni, le ho mandato la foto del tramonto dal terrazzino. Ho provato a spiegarle che ogni giorno è diverso, ogni giorno la luce cambia, cambiano i colori, la forma delle nuvole, le rifrazioni, i riflessi sul mare, i toni di azzurro giallo e rosa del cielo. Ogni giorno il panorama è diverso pur rimanendo sempre lo stesso: a destra la collina che somiglia a una montagna, al centro la città con sopra il mare, a sinistra gli alberi che coprono la vista. Sopra a tutto il cielo di colore diverso ogni giorno, ogni ora, ogni momento.

Quando cala il sole non si fa in tempo a inviare un messaggio, a bere un bicchier d’acqua che la luminosità del quadro è cambiata. Così cambia la vista stessa, il panorama, quasi cambia anche città. E ogni giorno, come oggi, le mando la foto della vista dal terrazzino sempre alla stessa ora, dalla stessa posizione, per farle capire che sì, il terrazzino è lo stesso, la città sotto e i monti a destra sono sempre gli stessi, eppure sono sempre diversi.

Lei mica capisce, sai? Non la biasimo. Che discorsi! La città è sempre quella, e il monte brullo con le antenne dei ripetitori mica si sposta, mica cambia. Eppure… Mettiamola così: quando sentiamo per la prima volta una canzone che ci piace molto, tendiamo ad ascoltarla sempre di più, sempre più di frequente. La ascoltiamo così tanto che, dopo un po’, finisce per annoiarci. E la dimentichiamo. Ecco, per il panorama dal terrazzino la situazione è diversa: lo guardi tutti i giorni, ne vuoi sempre di più, e quello non annoia mai.

Come mai non annoia? Perché cambia. Tutti i giorni, tutte le ore, tutti i momenti. E sto cercando di farglielo capire con le foto, ma come si può capire senza esserci? Non si può capire il cambiamento perenne di luci, toni, riflessi, senza averlo davanti. E lo si capisce solo fissandolo per qualche minuto e poi distogliendo gli occhi per un solo secondo. Basta chiuderli un secondo e, una volta riaperti, avremo di fronte un nuovo panorama. La stessa città, le stesse montagne, lo stesso mare, e allo stesso tempo una città diversa, diverse le montagne e il mare. Però bisogna esserci.

Le ho mandato una foto anche oggi, come tutti gli altri giorni, ma so che fin quando non verrà qua non potrà capire. Dovrà venire qua e starci un po’, qualche giorno almeno, per convincersi che il panorama è vivo e cambia in continuazione. Perché se anche la luce fosse sempre la stessa, se anche le nuvole i riflessi le rifrazioni fossero sempre identiche, il mare è vivo e non si può mai osservare la stessa onda per due volte.

Eppure la luce non è mai la stessa. È la luce che cambia più di ogni cosa, ogni frazione di secondo col calare imperterrito del sole. E cambiando quella, cambia tutto. Cambia anche il mare. A volte si confonde col cielo, a volte la linea dell’orizzonte è netta e divide due distinte tonalità, due cose (cose?) così diverse, due elementi fondamentali insomma, l’aria e l’acqua.

Ho provato a spiegarle che non è solo un bel panorama, ma è un panorama vivo. È come se, alzandoci al mattino, trovassimo alla finestra un paesaggio diverso ogni giorno. È come essere sempre altrove e sempre qui. Non capisce, ma come potrebbe? Non è mai venuta a vedere tutto questo di persona. Però l’ho invitata, sai? L’ho fatto. Solo per farle comprendere tutto questo. E la aspetto. Peccato che, ogni momento di assenza, è un panorama perduto per sempre.

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Finalmente è venuta, e credo abbia capito quello che intendo. Penso anzi che ne abbia colto l’essenza più di quanto abbia fatto io in questi anni, perché dopo essere rimasta da sola sul terrazzino per un’ora, da sola, è rientrata borbottando, Il panorama cambia sempre anche perché noi siamo sempre diversi. Non c’avevo mai pensato, però è così ovvio, oggi sono d’umore nero e il terrazzino può anche confortarmi, un po’, ma il sole è malinconico. Mentre quello stesso sole, o qualche sole simile, in altre giornate felici è più colorato, più sorridente, più felice anch’esso.

Forse, cambiando ogni momento anche io, arriverà il giorno in cui quella vista non mi cullerà più, non mi darà più alcun calore. Forse nessun terrazzino, nessun panorama, nessuna persona, nessuna casa, un giorno, mi darà calore. Ma ha senso vivere col pensiero fisso che un giorno, all’improvviso, non sentirò più niente?

Una risposta a “Cronache genovesi – La vista dal terrazzino”

  1. […] Ho sentito dire, dice, che passare le giornate a letto, in casa, nonostante le scadenze e gli impegni, non è pigrizia ma ansia, e tu non sai che rispondere perché se sei finito a parlare col soffitto tanto bene non devi stare. Eppure stai al gioco, Complimenti allo scopritore dell’acqua calda, caro Soffitto mio, ma poi dove l’avresti sentita questa?, Sei un cretino, sono solo una voce nella tua testa, quindi lo dovresti sapere tu, Ah, già… ma senti una cosa, è normale che una voce nella mia testa mi dia del cretino?, Solo se è quello che pensi di te, Allora è tutto nella norma, però ci sentiamo in un altro momento che ora ho da fare, e così dicendo torni a guardare fuori. […]

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