Marco Missiroli – Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli Editore)


Marco Missiroli è uno scrittore disonesto

“Atti osceni in luogo privato” di Missiroli mi ha fatto nascere un sospetto sull’onestà dello scrittore. Ora proverò a spiegare il perché, ma se anche non ci riuscissi sappiate che qualcuno (più bravo di me) sarà in grado di argomentare la mia tesi; o di distruggerla, secondo i gusti. Per fare un esempio, Newton non fu il primo uomo nella storia a cui cadde una mela in testa: qualcuno (forse?) prima di lui subì la stessa esperienza, e pensò (forse?) che la caduta della mela fosse causata da qualcosa, una forza (o magia?); comunque, quel qualcuno non era in grado di spiegare il fenomeno. Così Newton, riflettendo sullo stesso problema (cioè la caduta delle mele), formulò la legge di gravità.

Ma torniamo al libro, e al suo autore. Di cui parlerò come se non avesse vinto lo Strega Giovani nel 2019 (per la gioia del portafogli); come se non avesse frequentato la Scuola Holden (si, perché oggi la scrittura si insegna come la matematica e la storia dell’arte). Parlerò di lui come se questo fosse il suo libro d’esordio, pronto per essere stroncato o acclamato da aspiranti critici o pseudo-intellettuali provincialoidi (sinonimo: “pirla”, come me).

Una trama del c***o

Per dirla in breve, l’autore racconta la storia di un giovane e la sua crescita progressiva, particolarmente legata al suo membro/pisello sempre pronto a spingere sulla zip dei pantaloni. Il protagonista è quindi raccontato nel suo farsi, nella sua impazienza di raggiungere la maturità sessuale, nelle sue peripezie sessuali tra quotidiane delusioni e soddisfazioni. Ma non c’è approfondimento psicologico, o meglio: vorrebbe esserci ma quando la situazione diventa delicata ci ritroviamo immancabilmente un protagonista col membro in mano. Cosa che, badate bene, non è sbagliata in assoluto (sarei disonesto pure io, se affermassi una cosa simile): però non è così che funziona.

Il protagonista rappresenta, per metà, ciò che i ragazzi sono davvero, e per l’altra metà ciò che i ragazzi vorrebbero essere e non sono mai (o quasi). I ragazzi, infatti, pensano realmente alle stesse cose a cui anche il protagonista (di nome Libero…) pensa; ma gli esiti della vita quotidiana non hanno niente a che fare con la vita di Libero. Libero è una costruzione perfettamente coerente e lineare: ciò che vuole, lo ottiene. E ciò che gli sta stretto, lo perde. E il problema non è che sia irreale, o sia poco verosimile: lungi da me dal difendere il realismo della narrazione, ché l’800 è passato. La questione sta nell’eccessiva coerenza del protagonista, che non ha nel cervello tutti quei problemi dell’adolescente né del giovane universitario.

Libero è una costruzione poco onesta e poco riuscita di un giovane nel pieno delle sue esplosioni ormonali (queste sì giustificate e reali). Insomma, l’autore ha cercato di assemblare ciò che ricorda della sua gioventù distorcendo ciò che la gioventù è (quindi, dando prova di disonestà). E il riconoscimento che un lettore riscontra nei confronti di Libero, è continuamente messo in discussione non solo dalla sua coerenza, ma dalle stesse riflessioni del protagonista (che, a ben 12 oggi, pensa cose del tipo “ansia atavica” o “attività onanistica”, per dirne due soltanto che sono nella stessa pagina).

Maledetta Scuola Holden

Un altro punto dolente è lo stile: Missiroli, come tanti altri promettenti giovani della generazione Scuola Holden, non ha uno stile. Cosa che, per uno scrittore, è anche più grave del non saper scrivere. Questo libro di Missiroli potrebbe essere stato scritto da Baricco stesso, o da Davide Longo, o da Giorgio Vasta etc etc. Non me ne vogliano, questi, che sono anche buoni scrittori (come, in parte, l’imputato Missiroli). Ma tra grandi scrittori e buoni scrittori c’è un’abisso, che né la Scuola Holden né altre entità simili colmeranno.

E per concludere col botto: Missiroli è retorico e pedagogico (nel senso peggiore dei termini). Invece di lasciare al lettore le conclusioni (perchè le conclusioni non spettano solo all’autore), e lasciargli la possibilità di immaginarsi come andranno le vicende in qualche momento culmine del libro, Missiroli dice tutto. Accompagna il lettore con il guinzaglio ad annusare i deretani degli altri cani, indicando (cosa che, sappiamo, non si fa!) ciò che il lettore deve vedere bene: come se, nelle svolte della narrazione, ci fosse una freccia gigante ad indicare di prestare attenzione. Lascia libero il lettore di leggere ciò che i suoi occhi vedono (e non ciò che i suoi occhi, secondo te, dovrebbero vedere), e sarai uno scrittore migliore.

Quindi, caro Marco, non odiarmi. Che ti serva, questa umile critica (forse sbagliata, forse meno), come spunto di riflessione.

 

Cosimo Benzi Angelini