Attenzione: Urla sempre, primavera mi è stato consigliato dalle libraie della preziosa Libreria Piena di Lisbona. Se passate di là, dovreste proprio andarle a salutare.
Un libro, tanti libri
Non è affatto semplice parlare di un libro che, in realtà, ne contiene almeno cinque. E dico almeno perché in Urla sempre, primavera di Michele Vaccari, oltre ai cinque libri di cui è composto l’indice, la narrazione è arricchita da voci registrate, documenti “storici” di un futuro successivo alla narrazione, sogni. Un romanzo distopico a tante voci, un romanzo che parla del nostro passato, del nostro presente e del futuro che potrebbe attenderci (o che è già qui).
Ma partiamo da un accenno di trama: in un’Italia distopica un gruppo di anziani prende il potere in maniera “democratica” (come i fascisti, insomma) e viene imposto il divieto di fare figli: l’umanità deve estinguersi. In questo scenario, le donne scendono in piazza e tentano di resistere; molte fanno figli, ma il potere è più forte, e prende il sopravvento.
Siamo arrivati a una società ideale che corrisponde a un cimitero in cui tutti sognano di essere gli unici becchini.
Siamo a Genova, e nella città del G8 più tristemente famoso della storia si ripetono gli stessi orrori, ma più gravi, del terribile 2001. Le donne sono trucidate, e i loro bambini cadaveri con le madri o, nel migliore dei casi, cresciuti come bestie, analfabeti che parlano una lingua rotta, la Lingua Nuda.
Una storia originale raccontata con un linguaggio preciso, scelto; un linguaggio che nelle prime pagine può sembrare sfidante, eppure rapisce il lettore e lo tiene incollato alla pagina, grazie anche ad una narrazione letteralmente avvolgente.
Il potere dei Delfino
La storia comincia con una coppia di giovani ribelli che riesce a scappare sulle alture di Genova. Lei è incinta, e la piccola figlia muove i primi passi su quelle alture, lontana dalla città, troppo pericolosa per le madri e per i bambini. Ma la madre sa che è solo questione di tempo. Prima o poi, le guardie, li troveranno.
Per questo registra la sua voce con una vecchia tecnologia a cilindri, sperando che la figlia riesca a crescere e, chissà, a salvare il mondo. Sì, proprio così: Zelinda, la giovane madre, ha ereditato dal padre biologico un particolare dono, che si potenzia col procedere delle generazioni. I Delfino, infatti, riescono a entrare nei sogni altrui, a dialogare con chi sogna e, in alcuni casi, a far accadere le cose.
Comunque andrà, abbiamo già deciso cosa fare. Io entrerò nei sogni del Presidente, cercherò di cambiarli, se ce la farò, li renderò veri. È il mio potere, nonno lo ripeteva come un monito.
Per evitare troppi spoiler, non parlerò del padre di Zelinda. Possiamo dire soltanto che è un ex-partigiano omosessuale, protagonista di alcuni fatti eclatanti durante gli anni di piombo, e che è in prigione per questo. A lui è dedicato un intero libro, la terza sezione, e attraverso la sua figura l’autore riscrive in parte la storia del Novecento italiano.
Gli animali e la natura
La trama è talmente complessa (e non, mi raccomando, complicata), che non ho ancora avuto modo di spiegare a cosa faccia riferimento il titolo. Ecco, non solo le donne non possono più avere figli, ma un movimento iper-animalista ha convinto il governo a dichiarare illegali gli allevamenti e gli animali domestici, cacciando tutti gli animali nei boschi. In più, come purtroppo capita già di vedere oggi, alcune verità scientifiche vengono ribaltate. In particolare, la fotosintesi clorofilliana non esiste e gli alberi sono nemici dell’uomo perché produrrebbero soltanto anidride carbonica.
Ed è nella natura considerata tossica che, in caso di arrivo delle guardie, troverà rifugio la piccola Egle:
Nel 2001 non è iniziato il millennio, è finito il nostro Paese, gli hanno ammazzato il futuro.
Per questo, abbiamo così paura.
Abbiamo già visto cosa sono in grado di fare quando gli tocchi il potere.
Se ci verranno a prendere, con tuo padre abbiamo deciso sarà lui a provare a lasciarti nel bosco. Io farò da diversivo, tanto è me che vogliono. Per fortuna, tutti credono che la natura sia tossica. Questa ignoranza sarà la tua salvezza.
Gli animali ti daranno una mano, sono stati abbandonati come te.
E sono tante le cose che andrebbero ancora dette su un libro simile. Non solo è molto voluminoso (448 pagine) e la sua struttura, come abbiamo detto, è molto complessa. Sono tante le trovate originali dell’autore, le sue invenzioni, che è bravissimo nel creare un mondo distopico e realistico, inventando anche veri e proprio dialoghi nella nuova Lingua Nuda. Ma la sua bravura maggiore consiste nell’aver creato un mondo non così inverosimile e lontano dal nostro.
Genova in Urla sempre, primavera
La città in cui sono ambientati i fatti non è scelta a caso. I personaggi che si trovano a correre per la città seguono percorsi particolari, vie precise, intravedono luoghi noti e meno noti di una città che, l’autore, mostra di conoscere bene (c’è nato). E questa conoscenza dà valore alla narrazione, rende verosimili gli ambienti e i personaggi che rappresentano, oltre gli stereotipi, una generazione di uomini e donne che ha perso ogni lotta, ma che non si arrende.
E Genova rappresenta, nel libro, ciò che è realmente: la nuova capitale di un paese di vecchi. E fa sempre bene ringraziare l’autore, che ci ricorda una grande verità: quant’è vecchia la Liguria, quant’è vecchia Genova.
Non fa sorridere vedere Genova capitale di una società di vecchi. Ma questa, più che distopia, è la realtà.
Se Urla sempre, primavera vi incuriosisce (nonostante il mio pessimo articolo), vi consiglio di guardare questa presentazione dell’opera con l’autore, Michele Vaccari: