Sorj Chalandon – Chiederò perdono ai sogni (Keller Editore)

Sorj Chalandon – Chiederò perdono ai sogni (Keller Editore)

Un nazionalista/terrorista dell’Ira si trova a dover prendere la decisione più difficile della sua vita. Tradire oppure no? Cede, non per debolezza ma perché convinto che sia la scelta migliore.

Il romanzo storico di Chalandon ha il suo nucleo centrale proprio nella possibilità di scelta: a volte si può scegliere; altre no. Non si sceglie la famiglia di nascita, il paese, la religione dei propri genitori. Quindi se nasci cattolico, in terra d’Irlanda, devi scegliere: lottare o nasconderti? Tyrone Meehan decide di combattere, e lo fa in maniera così realistica che a volte il lettore si chiede: ma è accaduto? Ma è vero? Si sa, questo non conta. Ma la bravura dell’autore, in questo caso, è di conoscere ciò di cui sta scrivendo. È per questo che tutto sembra così verosimile. Grazie, Chalandon. (E se vi sembra che questa affermazione sia banale, vi basti ricordare che oggi tanti si credono scrittori e tentano la via della fama letteraria. Serva, questa affermazione banale, come punto di partenza forse scontato, ma necessario, per certi sognatori pazzi.)

Il libro è un buon libro: coerente nella sua struttura narrativa, coinvolgente. La narrazione alterna il presente dell’io-narrante, del traditore nonché ex-eroe nazionale intenzionato a lasciare una traccia della sua verità, ai flashback della sua “verità” personalissima: quella di un convinto nazionalista che decide di collaborare con i sudditi della Regina, e della Thatcher, per limitare i danni di una guerra impossibile da vincere; insomma, per limitare i morti. Non diminuiscono, forse, ma ciò poco importa.

Con un salto molto azzardato, possiamo ricordare una delle poesie più famose di Robert Frost, The road not taken. Tyrone, come il poeta, ha due strade davanti a sé: una in apparenza semplice, più battuta e luminosa, e l’altra quasi invasa dalla foresta, oltre che oscura. Astraendo dalla poesia e dai suoi significati, possiamo dire che Tyrone, quando deve prendere quella decisione, ha due strade: collaborare rischiando di essere scoperto e di finire nelle mani poco tolleranti dell’Ira; oppure rimanere fedele ai propri compagni e, quasi sicuramente, morire in battaglia. Ebbene, se nella poesia chi vede le strade non sa cosa gli aspetta dopo, cioè vede solo l’inizio delle “two roads”, Tyrone ha chiaro quale sia l’esito di entrambe le sue possibilità: morire. Ecco che si spiega la scelta più infamante, a mio avviso più difficile: “se io devo morire, e i miei sogni nazionalistici con me, tanto vale che provo a salvare qualcuno”.

Questo è ciò che ho capito da una lettura rilassante del romanzo. E forse, sono solo sofismi inutili su un romanzo storico che è bello perché narra una bella storia, in maniera pulita e con rari fronzoli. Nella guerra, infatti, non ci poteva esser tempo per i fronzoli.

Cosimo Benzi Angelini

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