Slow posting: l’alternativa sostenibile ai social media

Slow posting: l’alternativa sostenibile ai social media

Quanti come me alternano apatia e insofferenza nell’uso dei social? E se lo slow posting fosse la soluzione?

Ce lo ripetono tutti: in questo campo (l’editoria), come in molti altri, non si può vivere senza social. E se è ammesso non avere dei profili personali, non si può evitare di lavorare con i social. Forse non c’è via d’uscita a questa situazione. Eppure i social non sono il male: è il modo in cui li usiamo che può portare, talvolta, tanta insofferenza.

Ma una soluzione c’è. Si chiama slow posting e no, non ho inventato niente. In rete si trovano alcune discussioni al riguardo (non tantissime in realtà). In cosa consiste? In quello che vuoi tu, purché sia lento e adatto a te. In un mondo che chiede e produce sempre più contenuti, opinioni e presenza sui social, sono possibili solo due alternative per evitare la pazzia: sparire o rallentare.

Perché lo slow posting?

Dopo alcuni anni da social Media Manager a intermittenza, dopo varie pause più o meno lunghe dai social stessi, ho deciso che sui social devo comunque esserci. E per esserci in maniera proficua l’unica strada che mi veniva proposta era quella della costanza unita all’incessanza: pubblicare spesso, però, non fa per me. Ho sempre pubblicato contenuti in quei momenti in cui sentivo, davvero, di aver qualcosa da dire. Non per forza cose originali (magari), ma comunque qualcosa da buttar fuori. Oppure, quando avevo del materiale che poteva interessare altri oltre a me.

Col tempo le cose da dire non sono diminuite. Né la voglia di dirle è finita. La questione sta su un altro piano: con tutti questi contenuti, con tutte queste voci, è aumentata in me la voglia di stare in silenzio. Altro che slow posting: sono sparito per qualche tempo dai social. Niente più tramonti, niente panorami.

Mi sentivo meglio, devo ammetterlo. Non controllavo più le notifiche del telefono, leggevo di più, scrivevo. Poi è arrivata la pandemia: lock-down e reclusione mi hanno fatto scaricare qualsiasi social immaginabile, e sono rimasto nell’ombra a osservare i contenuti altrui. Non ho pubblicato molto, ma osservavo. Il tempo passava; passa senza far niente quando scorri i selfie di qualche amico su Instagram. Eppure continuavo a osservare.

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Un giorno, durante il Master, mi sono detto che doveva esserci qualche modo sano di vivere i social. Davvero sparire è l’unica opzione? Così mi è venuto in mente lo slow journalism, quel modo lento ma approfondito di fare giornalismo di qualità. Da lì allo slow posting il passo è stato breve. Cercando in rete, poi, ho trovato un sito particolare in cui parlano di ricette, cocktail e viaggi: The Adagio Blog. Nel sito, in lingua inglese ma curato da un finlandese e da una italiana, ho questo articolo che trattava esattamente della mia stessa insofferenza.

Prometto che quest’anno aprirò bocca solo quando avrò qualcosa di utile e di interessante da dire.

Dopo aver letto questa frase ho capito che lo slow posting è possibile e che no, non sono solo in questa scelta.

Cos’è per me lo slow posting, e cosa farò

Lo slow posting non consiste solo nel rallentare, ma soprattutto nell’andare al proprio passo. Io conosco il mio, e ciò che mi propongo di fare si basa esclusivamente su di me. Se tu sei contento di pubblicare un post al giorno, fallo! Se ti fa stare bene pubblicare selfie, foto del tuo fondo schiena accanto ad una frase filosofica, o se ti rilassa fare dirette che registrano la tua vita, allora fallo! Io non ti giudicherò. Il problema inizia quando non pubblichi per te, ma per gli altri. Pensaci su.

Dopo aver preso atto che pubblicare tanti contenuti non mi interessa, prendere una decisione è stato abbastanza semplice. Pubblicarne pochi, ma di qualità. Quando? Non importa che siano uno a settimana o due al mese. Ci saranno, e saranno di qualità. Mi concentrerò di più sul blog, come avevo già detto qua, e non farò finta di essere un grafico o un fotografo su Instagram.

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Non diventerò famoso coi social. Non diventerò un influencer come molti bramano. Cosa ci guadagno, allora? Coerenza. Guadagno coerenza con me stesso, con ciò che sono e con ciò che sento. Vado al mio passo, coerente con me; è questo lo slow posting,


Non sparirò. Ho troppi libri di cui parlare! E se ti stai chiedendo quale sia il nesso tra me che fumo un sigaro e lo slow posting, ti risponderò solo se me lo chiederai in privato. Il nesso, ti assicuro, c’è.

Cosa ne pensi di queste riflessioni? Fammelo sapere qui sotto nei commenti, oppure sui social. Parliamone insieme.


Approfondimenti sulla lentezza

Vi lascio alcuni link a contenuti interessanti:

E per concludere, una bella riflessione sulla lentezza:


P.S: slow posting e Instagram

Qualcuno avrà notato che mi piacciono i feed ordinati! Già. Credo sia solo una questione di gusti, ma l’ordine del feed di instagram è, per me, sinonimo di eleganza e bellezza. Nessuno mi ricorderà per la mia eleganza, ne sono sicuro… ma perché, slow posting a parte, non tentare di creare un ordine anche sul mio profilo personale?

Per chi non lo sapesse, per feed si intende il profilo di qualsiasi persona, azienda o brand presente su Instagram. Questo profilo è formato, su qualsiasi dispositivo, da una disposizione fissa di fotografie. Questa disposizione prevede, su qualsiasi dispositivo, tre fotografie per ogni riga.

Si parla di feed ordinato quando un feed ha una logica sequenziale dietro alle pubblicazioni. Le fotografie sono organizzate in tre alla volta e possono essere collegate da linee, colori o addirittura possono essere parti integranti di una fotografia più grande.
Ecco che lo slow posting un po’ si scontra con la pubblicazione di foto organizzare e pensate di tre in tre. Amen! Continuerò a farlo ogni tanto, perché mi piace, finché mi va, anche se è ovviamente più faticoso di pubblicare casualmente e senza un ordine preciso fotografie più o meno decenti.. Anche questo, in qualche modo, è andare al mio passo!

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