Sembrerà strano, ma non si sono mai usate così tanto le mappe come oggi. Certo, i nostri genitori avevano tutti delle cartine stradali in macchina. Ma con la scomparsa delle manovelle per aprire e chiudere i finestrini, anche le cartine di carta sono sparite. Eppure il loro utilizzo è esploso: per qualsiasi spostamento anche minimo, anche nella medesima città o nel medesimo quartiere, ci affidiamo a mappe elettroniche che calcolano il percorso migliore. Le più furbe ci consigliano scorciatoie per evitare incidenti o lavori in corso. Le mappe più stupide (o meglio, quelle meno aggiornate) ci fanno perdere nel centro storico delle nostre stesse città. Eppure, le mappe, sono sempre più vive, utilizzate e spesso vissute.
Le mie mappe: Padova, Milano, Genova
Vissute, sì, come capita a me: appena mi trasferisco in una nuova città, inizio a studiarne i confini artificiali sull’onnipresente Google Maps, le strade più importanti, il cardo e il decumano. A partire da Padova: le mura (o quello che ne rimane) e la strada che le affianca separano il centro dalla periferia, la zona vivibile dallo studente alla zona a lui indifferente – con pochissime eccezioni. E come non citare Corso Milano, imprescindibile per i miei primi anni lì, col suo ideale proseguimento in via Altinate con cui taglia orizzontalmente la città, equatore in miniatura.
Nella mappa di Milano, poi, spicca la “circonvalla”. Insieme di carreggiate che non separano il centro da una periferia – impossibile in una città dai mille centri e dalle infinite (o inesistenti) periferie, anzi non separano niente. Eppure serve a orientarsi, a capire i possibili spostamenti, le zone accessibili o meno. In tali metropoli, poi, non si può vivere senza avere fissa in mente la mappa delle varie linee della metropolitana; linee colorate che si intersecano su uno sfondo bianco, a formare una sorta di dipinto astratto: ovvio, un Kandinskij, a differenza della metropolitana di Londra che ha tutto del labirinto (eccezion fatta per l’esistenza della sua stessa mappa).
Infine – ma non in ordine cronologico – qualche parola va spesa anche per Genova. Unica città la cui mappa, ahimè, è inutile. Ovvio: la rappresentazione bidimensionale di una città che è tutto tranne che piatta non può che essere inutile. Motivo per cui già nelle mappe antiche le montagne incombono sulla città – quasi schiacciata – e sul mare.
Ci sarebbe bisogno, forse, di una cartina con isoipse, quelle linee curve, chiuse e concentriche che rappresentano i dislivelli della superficie terreste, ma al mio arrivo a Genova non ne disponevo. Al contrario, c’erano i monti e il mare come unici riferimenti per l’orientamento. E se sono sopravvissuto, forse, a qualcosa sono serviti.
Perché le mappe?
L’anno scorso ho contribuito (nei limiti delle mie limitate capacità) alla pubblicazione di un numero speciale della rivista Trasparenze dedicata esclusivamente alle mappe ed edita dalle Edizioni San Marco dei Giustiniani (scaricabile gratuitamente qui). Da quel momento ho iniziato a pormi domande sulle mappe, senza però ricevere molte risposte indietro da me stesso. Qualche risposta l’ho trovata nei giorni scorsi nel bellissimo libro Le mappe raccontano il mondo di Martina Cera, volume cartonato dalla grafica molto curata e dalla narrazione coinvolgente.
Tutto ciò potrebbe sembrare una marchetta, ecco, ma non lo è. Questo libro mi ha realmente accompagnato in un viaggio molto piacevole attraverso la storia della cartografia, con riferimenti al quotidiano uso di rappresentazioni del globo ancorate a rappresentazioni vecchie di 400 anni.
Possiamo senza dubbio continuare ad usare le mappe di Google o di Apple senza sapere niente di ciò che ha portato a quelle mappe che usiamo oggi. Eppure, anche senza usarle, avremo sempre delle mappe mentale da seguire: costruita da noi stessi, basata su mappe altrui vere o immaginarie! Una mappa, comunque, è in noi. Sempre.
Se non conoscete Martina Cera, ecco, vedete di rimediare! Oltre alla sua attività di divulgazione sull’area del Medio-Oriente e del Nord Africa, parlando di Mediterraneo e di geopolitica sui social, nel 2018 ha dato vita a Un’altra rotta, un progetto «nato per raccontare il Mediterraneo in modo accessibile e indipendente: dalla politica ai diritti umani fino alla storia, all’arte e alla letteratura».