Riflessioni a partire da Melville, Laporte, Bazlen: la scrittura

Riflessioni a partire da Melville, Laporte, Bazlen: la scrittura

Questa strana formula, di “riflessioni a partire da…” mi permette di parlare d’argomenti che meriterebbero libri e libri; trattazioni che vorrei essere in grado di scrivere, ma che neanche ho il tempo di leggere. Ebbene, questo secondo articolo della serie parla ancora di scrittura. Forse l’avete capito, mi interessa.

Tre autori lontani: Melville, Laporte e Bazlen

Nelle ultime pagine del Billy Budd di Herman Melville, l’autore cita se stesso, e si introduce così: “dice uno scrittore che pochi conoscono: (…)”. Il bravo traduttore, parco di note, ci tiene a indicare in nota che “Melville si riferisce ironicamente a se stesso”. Devo ringraziarlo personalmente (anche se Giancarlo Buzzi non è più tra noi), perché senza la nota non sarei certo riuscito a indovinare l’autocitazione.

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Con un coraggioso salto, passiamo ad un autore diverso in tutto (forse, li accomuna solo l’essere uomini, ma questo aspetto non è pertinente al nostro discorso). Parlo di Roger Laporte (1925-2001), autore conosciuto ad una ristrettissima cerchia di fortunati. Ha scritto molto, ma essendo io un grande ignorante parlerò di lui avendo letto solo Lettera a nessuno (Edizioni San Marco dei Giustiniani, 2002); e questo, per il momento, può bastare. In questo quaderno, composto da appunti di diario non indirizzati, nella teoria, a nessuno, Laporte dice di non voler scrivere più, per aver già scritto ciò che doveva scrivere:

A dirla breve, per me scrivere significa/significava esclusivamente: scrivere Moriendo, ed è per questa ragione, per il fatto che questo libro è in ogni modo terminato, che ho la certezza di non scrivere mai più.

E nella prefazione al libro, Philippe Lacoue-Labarthe scrive:

Innanzitutto è uno scrittore praticamente senza lettori (sono tutt’al più un migliaio scarso). E quindi senza vero riconoscimento, anche se è capitato a certe grandi firme di rendegli omaggio (Barthes e Blanchot, Derrida, Foucault) o anche se una rete di amicizia – di complicità – si è intrecciata intorno alla sua impresa. La solitudine dello scrittore è, a termine, sempre la promessa di una comunità di lettori. Una tale promessa manca, ed è sempre mancata a Roger Laporte.

Ennesimo salto azzardato, ennesimo nesso che forse c’è ma non si vede; o forse non c’è. Parlo di Bobi Bazlen, scrittore che non ha mai scritto. Perché? Se lo chiede il misterioso protagonista di Daniele del Giudice in Lo stadio di Wimbledon. Poco importa che dopo la morte, tra i suoi scritti, sia stato trovato un romanzo. Non era sua intenzione pubblicarlo, ancora; ma prima o poi sarebbe successo, forse. Perché, altrimenti, scrivere?

Scrittura e non scrittura

Tralasciando Melville, la cui autoironia offre comunque spunti interessanti (scrivere nonostante i pochi lettori, nonostante la fama, nonostante tutto), Laporte e Bazlen creano non pochi problemi. Laporte assegna un tale valore alla scrittura, alla letteratura, che quando crede di non essere più in grado di scriverla se non abbassandone il livello, decide di smettere. La vita è la letteratura, finché può. Ma arriva un momento in cui il corridore non può più correre come in gioventù, né la ginnasta volare; allora il corridore smette di correre, la ginnasta smette di volare. E lo scrittore smette di scrivere.

Bazlen, invece, decide di non scrivere. O meglio, decide di non pubblicare, eppure scrive. Non interessa, a noi, indagare i motivi che l’hanno trattenuto. Basti sapere che, a differenza di oggi, epoca di poeti e scrittori analfabeti, un tempo c’erano persone dal così forte rispetto per la parola scritta che impedivano a se stessi di scrivere.

Dov’è il senso?

Non vuole, questo mio inutile scritto (inutile come quelli di tanti poeti e scrittori analfabeti d’oggi) essere una critica a questi. Ognuno è libero di disporre delle proprie biro come meglio crede. Ciò che a me interessa è la scrittura come la non scrittura. Perché se in tutti, oggi, è forte il desiderio di scrivere, quanto dev’essere forte quello di non scrivere? O l’unica forza che impedisce la scrittura è il rispetto per la scrittura stessa?

Non lo so. Se sei venuto su questo blog per cercare risposte alle tue domande, credo tu abbia sbagliato posto. Però, se hai qualcosa da dire sulla scrittura, commenta qua sotto e ti risponderò non appena i miei dubbi esistenziali mi avranno permesso di respirare.

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