L’urlo – Tahar Ben Jelloun (La Nave di Teseo, 2023)

L’urlo – Tahar Ben Jelloun (La Nave di Teseo, 2023)

L’urlo non è il primo libro di Tahar Ben Jelloun di cui parlo su questo blog. All’incirca un anno fa rimasi molto colpito da un suo libro acquistato per caso ad una bancarella. Quel testo, Il libro del buio, mi aveva svelato uno scrittore in cui non mi ero mai imbattuto. A distanza di un anno, la stessa sensibilità mi si è riproposta in questo libricino. Una sensibilità rotta dall’urlo sussurrato, dalla sofferenza di chi osserva impotente.

Il libro, che ha il coraggio di non schierarsi come fosse una partita di calcio, rompe da subito un silenzio che si fa sempre più complice. “E anche se non dovesse servire a niente, anche se te ne andrai come tutti gli altri senza lasciare neanche un piccolo solco sulla terra, te ne andrai un po’ più leggero per aver fatto quel poco che potevi fare, per aver detto quel poco che potevi dire“.

Il contesto de L’urlo

Il 7 ottobre un attacco terroristico di Hamas ha ucciso più di mille persone, per lo più civili, nel territorio di Israele. Un attacco a sorpresa, un attacco terroristico che ha riacceso una miccia mai sopita. Il sangue chiama altro sangue e, oggi lo vediamo, così è stato.

Certo, sono arrabbiato e sconvolto. Ma le cose non sono semplici. Condanno gli attacchi di sabato 7 ottobre senza la minima riserva, ma non posso mettere tra parentesi la storia dei palestinesi dal 1948 a oggi.

A distanza di circa un mese da quel giorno, Tahar Ben Jelloun pubblica un volumetto, un pamphlet che dice tutto quello che è necessario dire sulla situazione in corso. Israele in quel momento ha già contrattaccato, le vittime sono state più o meno pareggiate, ma la guerra sembra ingigantirsi sempre di più. Non c’è ottimismo nelle sue parole, la via dei negoziati si affievolisce, eppure lui scrive.

Ma come può esserci una via d’uscita, una negoziazione, se alcuni esponenti di entrambe le parti vogliono sterminare l’altro?

L'urlo tahar ben jelloun la nave di teseo conflitto israele palestina

La scrittura, la poesia, l’urlo dell’artista

Si sente in questo libro l’urgenza di denunciare non tanto un colpevole quanto tutti i colpevoli. Denunciare le guerre causate da persone incompetenti o guerrafondaie. Denunciare la bestialità degli attacchi terroristici contro i civili. E denunciare le barbarie di una guerra voluta anche da uno stato “democratico” contro una minoranza. Uno stato nostro alleato. E per quanto non ci siano vie d’uscita nel breve termine, lo scrittore può (e deve) fare almeno una cosa: scrivere.

In questi giorni in cui tutto è esacerbato, in cui le parole sono pericolose, in cui la confusione è ovunque, cosa può fare la poesia, cosa può fare la letteratura, cosa può fare un poeta?

Anche se la pace è sempre più illusoria, anche se il dialogo è sempre più impensabile, la poesia deve essere stampata, diffusa, tradotta e viaggiare, come un messaggero errante, di città in città, di paese in paese, ostinata e forte nelle sue convinzioni, bella per i valori che porta sulle spalle, intransigente nel suo desiderio di esprimere ciò che è umano e di portare le parole di chi non è più tra noi, morto senza aver combattuto, morto perché ebreo, perché palestinese, perché umano e pazzo per aver creduto nella pace, una pace vera e solida.

Come il cammello che ha sopportato tante ingiustizie e tante ferite, sto avanzando nel deserto, con le mie parole come unico bagaglio, i miei valori e i miei principi come armatura. Sto avanzando e vorrei che la mia voce, il mio respiro, fosse ascoltato, perché nessuno ha il diritto di negare la vita e la dignità a un popolo privato della sua terra, un popolo che si rifiuta di scomparire.

Non ci sono dita puntate, non c’è alcuna esigenza nelle sue parole di cercare “il” colpevole. Se esistono, sono tanti, soprattutto ai vertici. A pagare, però, è sempre il popolo. E un sussurro isolato, nel deserto, pare un urlo.

Genocidio: una “bestemmia” e le parole pericolose

Anche i grandi, a volte, dicono sciocchezze. I grandi poeti, le grandi pensatrici, ma anche le grandi donne e i grandi uomini della storia, talvolta, dicono sciocchezze. Capita perché anche loro sono esseri umani e, pure se in buona fede, dicono cose che stonano con la loro grandezza.

Da poco è successo a una grandissima, Liliana Segre, forse una delle ultime voci degne di nota in un paese a cui è rimasto poco da dire. La Segre, verso la fine di una conferenza di 4 ore dal titolo “L’aumento e il cambiamento dell’antisemitismo dopo il 7 ottobre” organizzata dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, ha detto:

Capisci che davanti alla conclusione che Israele è demonizzato (…) quello che fa Israele è un genocidio, non usiamo questa parola che è veramente spaventosa, fare un confronto simile che diventa una bestemmia, se vogliamo usare questo termine inusitato.

Potremmo disquisire per ore sul significato della parola “genocidio”. Potremmo analizzare tutte le definizione dei nostri dizionari, le definizioni dei dizionari stranieri e, probabilmente, scopriremmo qualcosa che alcuni di noi sanno già. Come noi, anche se al tempo della pubblicazione il conflitto è appena cominciato, ne L’urlo Tahar Ben Jelloun non ha dubbi.

E cosa ha fatto Israele?

Ha fatto quello che ha sempre fatto, raddoppiando la sua ferocia e ammettendo di voler “liquidare tutti i palestinesi”. Ed è quello che sta facendo ora, con la benedizione dell’America, dell’Europa e di molti altri Paesi. Sta commettendo un genocidio sotto i nostri occhi. Sì, un genocidio. La definizione di “genocidio” nei dizionari è: assoggettamento intenzionale di un gruppo a condizioni di esistenza volte a provocarne la distruzione fisica totale o parziale.

Insomma, per chi ha il coraggio di tenere gli occhi aperti di fronte al disastro non ci sono dubbi su ciò che sta accadendo. Forse la Segre, nell’impeto del dialogo in diretta e della sofferenza che sicuramente prova per il conflitto in corso, non riesce a mettere sullo stesso piano i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti, e i 35.000 palestinesi uccisi da quel 7 ottobre. Ma qual è, allora, la soglia? Quando la collina smettere di essere tale, e diventa montagna? Qual è la cifra oltre la quale è lecito parlare di genocidio?

E se non è un genocidio, allora, come possiamo definire ciò che sta accadendo a Gaza? Quando Belloun scriveva questo libro, i palestinesi morti erano 1.200, al pari delle morti israeliane. Ma quante sono state, nel corso della storia? E a quanto ammonteranno domani?

Tahar Ben Jelloun

La poesia, il conflitto e Palestina

Riporto, in conclusione, due poesie citate nel L’urlo da Tahar Ben Jelloun. La prima è di Mahmud Darwish. Di lui, Jelloun dice: “è un grande poeta. il fatto che sia nato in Palestina e sia stato cacciato da casa sua da bambino nel 1948 lo ha costretto, da poeta, a ricorrere alla forza delle parole, non è diventato un uomo vendicativo, un uomo che riversa l’odio sugli ebrei. Non lo è affatto. Ma un uomo che ha vissuto tante prove in cui il suo popolo è stato umiliato, negato, combattuto, condannato all’esilio e all’eterno vagabondaggio”.

Dove andare?
I ruscelli rimangono nelle mie vene
E le spighe crescono sotto i miei vestiti.
Le case sono deserte nelle linee della mia mano,
Le catene avvolgono il mio sangue
E non ho nessun difensore davanti a me,
Né dietro di me.
Come se le mani fosser l’unico posto,
Il Paese.
Ah, una patria in un corpo.

La seconda poesia è stata attribuita a Josè Saramago, anche se purtroppo non sono ancora riuscito a rintracciarla nelle sue opere. Vi terrò aggiornati.

Era lì
Mi guardava come
se fosse in fondo a
un pozzo
Mi chiedeva di aiutarla a risalire in
superficie
Era una piccola
bambina palestinese
Chissà se è
ancora viva domani.

Un piccolo regalo

Vi riporto il testo integrale di un famoso “bianciardino”, collana di Le Strade Bianche di Stampa Alternativa che ripropone un articolo dello scrittore Saramago pubblicato nel 2002 sul quotidiano spagnolo “El Pais”. L’articolo, che è valso all’autore l’ingiusto appellativo di “scrittore antisemita”, è di una sconfortante lucidità e chiarezza.

Approfondimenti

Se volete approfondire la questione, ecco alcuni link utili:

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.