Lasciami andare, Padova

Lasciami andare, Padova

Fa caldo, ma poco importa. C’è un bel venticello che scompiglia i capelli, e rinfresca, e fa scordare d’essere in città. Padova… Tra non molto dovrò lasciarti, e tu dovrai lasciarmi andare. Dovrai staccare i milioni di fili che mi hai inchiodato nella carne, negli ultimi quattro anni. Dovrai farlo, davvero, oppure sarò costretto a farlo io, ma sarà più doloroso per entrambi. Questi lunghi cavi elastici mi hanno permesso di allontanarmi, spesso, è vero. Ma poi mi tiravano indietro ad ogni occasione, ad ogni debolezza, ad ogni passo più lontano del previsto.

Così sono sempre tornato da te, cara, rompendo altri fili, altri legami, e la rottura faceva sanguinare il mio corpo mai abbastanza martoriato. Ma c’eri tu, sempre pronta, sempre vicina, a leccare le ferite che non si rimarginavano mai. E son sempre tornato da te, amore amato ed odiato; nonostante tutto, nonostante tutti gli eventi che già prima del nostro incontro miravano a separarci. Ma io son sempre tornato.

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E tornerò, prima o poi, nonostante tutto ciò che accadrà, nonostante tutti gli eventi della futura vita che sì, probabilmente, forse, chissà?, mi terranno lontano da te. Tornerò, lo sai, e lo so anche io. Tornerò come si torna da un lungo viaggio, bussando alla porta di una casa che non sembra più la tua, ma è aperta da una madre che seppur sbiadita e pallida e incanutita è lei, sicuramente, è ancora tua madre.

Tornerò da te, Padova? Si, come se tornassi da mia madre dopo l’avventura di una guerra mondiale, la vita; e forse  passeranno decadi, ma tornerò. Forse per qualcuno, forse solo per ritrovare il me di ieri, perché oggi son già diverso. Oggi sono cambiato perché mi sembra di doverti lasciare già domani. Così ti guardo, ti osservo, ti vivo in modo del tutto diverso da come ti guardavo, ti osservavo, ti vivevo ieri.

Oggi ti respiro in modo più intenso che mai, e forse domani l’intensità aumenterà ancora; e se così fosse aumenterà sempre, di giorno in giorno, fino alla partenza. Oppure prima, fino a quando l’intensità sarà troppo forte persino per il mio giovane cuore, delicato.

Mi ucciderai, Padova? Come le madri toscane, antiche, che dicono ai figli “come t’ho messo al mondo, ti ci levo”? Mi vuoi uccidere, quindi? Mi vuoi togliere il respiro dopo tutto ciò che mi hai donato? Dopo tutto ciò che ti ho donato, in cambio del tuo aiuto, non merito di morire. Non ancora, almeno. Mi hai dato l’amore, e te l’ho reso. E così gli amici, le gioie, gli sguardi, tutto ciò che mi hai dato te l’ho restituito, o lo farò a breve, con la mia partenza. E ti lascio pure gli interessi perché ti consegno un pezzo del mio cuore giovane, delicato, martoriato. E ti lascio persone che vorrei portare con me, persone che mi hai fatto conoscere troppo tardi.

Ora lasciami, amore. Lasciami andare, Padova.

E recita, per me, una laica preghiera di liberazione.

C.B.A.

2 Risposte a “Lasciami andare, Padova”

  1. Un ciao e una pacca sulla spalla caro Cosimo. Padova, io e Marco ti aspettiamo. E da qui, ovunque tu sia, noi ti supporteremo.
    Daghene! Un abbraccio

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