C’è il mare: fermati e guarda.

C’è il mare: fermati e guarda.

A volte guardo fuori dalla finestra, e vedo il mare. Il mio mare. Altre volte guardo le persone, gli sconosciuti e gli amici, i bambini e gli anziani, e vedo molto di più. L’apparente pochezza o superficialità di alcuni passanti nasconde sempre qualcosa di più, un complesso di pensieri infiniti, sentimenti, emozioni, vicende. Viceversa, ci sono casi in cui si approfondisce la conoscenza di qualcuno che a prima vista sembrava interessante, curioso, vivo; per poi scoprire che era solo un guscio vuoto, una corazza di pelle che nasconde il nulla.

Capita a tutti di osservare chi passa, anche ai meno curiosi, anche tra un messaggio scritto di corsa, mentre si cammina, ed un altro. Tutti incrociamo, ogni giorno, occhi che non rivedremo più. In pochi, però, vanno oltre per cercare cosa vogliano dire alcuni sguardi. Pochi si chiedono cosa ci sia dietro certi occhi, dietro certe smorfie del viso che possono essere tanto un sorriso, quanto un broncio.

Mi capita spesso di sedermi in qualche punto strategico delle città, dei paesi che visito e dei luoghi in cui vivo (e sicuramente molti altri come me faranno la stessa cosa, ma non vedo perché non dovrei raccontarvelo lo stesso). Mi siedo, a volte ascoltando le conversazioni, altre volte con la musica nelle orecchie, e osservo chi passa, chi si ferma, chi si siede vicino a me.

Ci sono persone col passo svelto, altre che camminano con calma osservando i palazzi antichi, le cupole delle chiese, sempre col naso all’insù; ci sono persone talmente sicure di sé che ti fissano negli occhi dando inizio ad una gara di sguardi, in cui chi lo distoglie prima perde, altre persone invece camminano fissandosi le punte delle scarpe, con le spalle incurvate in avanti, impaurite forse dal mondo, forse spezzate una vita troppo dura; ci sono coppie che si tengono per mano, e altre coppie che si mollano sulla pubblica piazza, con strepiti e scenate; ci sono bambini che urlano sempre, che scappano dai genitori buttandosi in mezzo alla strada; altri bambini, invece, si tengono al passeggino della sorella piccola come piccoli cani da guardia, pronti per difenderla da chissà chi, da chissà cosa.

Tra tutti i tipi di persone che incontro e osservo, quelli su cui mi soffermo di più sono gli anziani. E non i turisti stranieri pluri-centenari che con la go-pro in testa riprendono ogni mattonella di ogni anonimo angolo cittadino. Considero più di tutti le coppie di anziani, unite da secoli, e che non accennano a separarsi nonostante le bestemmie reciprocamente rivolte contro l’altro. Li guardo con tenerezza, e mi dico “vorrei essere come loro”.

Oggi ero seduto sugli scalini di una piazza, ed osservavo la coltre di zitellone, di vecchie comari e di anziane accompagnate che si azzuffavano tra i banchetti del mercato. C’era confusione, così ho deciso di immergermi in quella massa anonima e tutt’altro che anonima. Mi sono alzato e mi sono messo a frugare tra vestiti di donna, asciugamani, ed intimo orribile, ascoltando discorsi e osservando scene, proprio come lo spettatore di un teatro all’aperto.

Ad un certo punto, mi imbatto in una coppietta di vecchini ingobbiti, che si tengono a braccetto e cammino con lo stesso ritmo, portando avanti lo stesso piede. Li seguii un po’, evitando di farmi notare troppo nonostante la mia stazza non proprio esigua. La donna si fermava ad ogni banchetto senza mai comprare niente, e l’uomo digrignava i denti bestemmiando a bassa voce ad ogni fermata. La donna sghignazzava per il fastidio che provocava al marito, il quale rispondeva con bestemmie sempre più forti, mentre la tirava per il braccio che era incastrato nell’incavo del suo braccio, piegato e con la mano in tasca. Ho continuato a seguirli per mezz’ora, osservando sempre la stessa scena ripetuta sempre con più intensità. Usciti dalla piazza, avevano entrambi le lacrime agli occhi per le risate. Lei rideva per aver infastidito il marito fino a farlo bestemmiare ad alta voce, e lui rideva per la stronzetta che aveva sposato cinquant’anni prima ed era rimasta la stessa giovane stronzetta di sempre. Non ne ho la certezza, ma mi piace sognare, e mi piace pensare che sia così.

Uscendo dalla piazza, mi sono seduto di nuovo nel posto in cui ero prima. Ed anche io avevo le lacrime agli occhi. Quindi è possibile vivere così? La felicità esiste, da qualche parte! Forse è dove c’è il mare? Forse è anche possibile trovare la persona che ti faccia rimanere sempre bambino, curioso e pieno di vita, anche da vecchio. La speranza… la speranza che tutto ciò sia possibile, che un domani migliore possa esserci, ecco, questa speranza la trovo negli sconosciuti che vedo una volta sola, e non incontro più. Quindi anche tu, se puoi, fermati ogni tanto a guardare chi ti circonda. Spegni il telefono, accendi il cervello, perché so che ce l’hai. Fermati e guarda Se c’è il mare, guarda quello e non ne rimarrai deluso. “E domani sarà un giorno migliore, vedrai”.

C.B.A

 

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