Federico Maria Sardelli – L’affare Vivaldi (Sellerio, 2015)

Federico Maria Sardelli – L’affare Vivaldi (Sellerio, 2015)

Lacune musicali, e altre ignoranze

Si può apprezzare un’opera che induce il lettore a ricordare una musica oggi celebre, che per la sua (cioè mia) ignoranza non ha mai ascoltato? Si può apprezzare un libro che ripercorre la storia delle peripezie dei testi di Vivaldi, senza conoscere Vivaldi?

La risposta è sì. Non solo si riesce ad apprezzare il libro, la parola scritta, che ci è più familiare delle note sui pentagrammi. In alcuni casi, si rischia quasi di innamorarsi di certi spartiti senza averli mai visti, né sentiti. È raro, ma accade. E, questa volta, è successo.

Sardelli, tra Vivaldi e «ilVernacoliere»

Come possono convivere Vivaldi e «ilVernacoliere» nella stessa riga? Lo so, sembra strano; ma la causa di tutto è Sardelli. E Sardelli stesso è tutto: citando Wikipedia, Sardelli è “direttore d’orchestra, compositore, disegnatore, pittore e flautista italiano” ma anche “pittore, incisore e autore satirico”. Eppure non basta: tra i più grandi studiosi di Vivaldi, è pure un romanziere e un portentoso poeta satirico (chi non ha mai letto le sue Proesie, beh, non è mio amico).

Questo inciso biografico, prima di parlare del libro, è essenziale. Sardelli è un’artista, ha il talento e la passione dell’autore. Eppure, ha anche la mente dello studioso, le capacità analitiche di pochi. E L’affare Vivaldi è il risultato di questo intreccio di genio innato e talento coltivato.

Tra romanzo storico e “supercazzole”

L’opera, L’affare Vivaldi (che con quel titolo richiama l’edizione Sellerio de L’affaire Moro – con non poche tangenze anche per l’immagine di copertina) è una ricostruzione ottimamente documentata delle peripezie vissute dagli scritti musicali di Vivaldi, perduti per secoli e poi ritrovati, smembrati in varie collezioni. La realtà storica attraversa il romanzo grazie al’intrusione di documenti d’archivio, e l’interesse per la verità è affermato anche nella sezione finale, “Note sulle fonti”.

vivaldi sardelli

Certo, si tratta di un romanzo che, per quanto indefinibile, si sa cosa non è; e non è uno saggio storico. A maggior ragione nella penna di Sardelli, che vibrante per la vena satirica sempre calda, ogni tanto si lascia trasportare fino a descrivere situazioni poco reali (eppure è lui stesso a dire “molto spesso accade che la verità dei fatti superi la fantasia”). Oppure si diverte con giochi inventati di sana pianta, come l’uso che fa Francesco Vivaldi della “supercazzola”:

«Dovete sapere che quando mio fratello Vienna brumbrum tesoro col tampesio diecimila zecchini ma sottocoda, capito?»
«Non ho capito bene, parlate più forte» fece Artabano tutto eccitato da quel poco che aveva orecchiato.
«Sssssssst! Ma siete pazzo? Volete farlo sapere a tutti? È roba che scotta. Venite più vicino, porgete l’orecchio» e facendo imbuto con le mani verso l’orecchio porcino del Tosi lo sospinse verso la riva e gli sussurrò ancora più piano il gran segreto:
«Costuprasti il tesoro quondam imperatore ma nascosti col fischio ottantamila forse anche sedici come di notte però, capito?»
«Sì, d’accordo, però non ho capito bene chi avreb…»
«Ma allora non capite proprio un cazzo!» fece Francesco a voce alta e con una spinta volò Arbatano in acqua.

Il tono di questo frammento non confonda i lettori. Questa è una delle punte dell’eclettica penna di Sardelli, ma non la più importante; e non credo ce ne sia una più importante dell’altra, nel complesso.

Vivaldi attraverso i secoli

La narrazione alterna capitoli ambientati a partire dagli ultimi mesi di vita del compositore – che però non compare mai – a capitoli più recenti, novecenteschi. Così le biblioteche che ospitano i testi di Vivaldi sopportano a lungo smembramenti, divisioni per motivi di eredità, donazioni poco gradite e vendite poco legali; poi arriva il fascismo.

E anche il fascismo, tangente ma incisivo, finisce per sfiorare i discorsi musicali. I due studiosi che sono riusciti a mettere insieme la produzione di Vivaldi, Luigi Torri e Alberto Gentili, “sono i veri eroi di questa vicenda”. E se Torri ha avuto la fortuna amara di morire nel 1932, Gentili ha dovuto sopportare l’allontanamento dall’Università di Torino, a causa delle leggi razziali, in quanto ebreo.

Ciò che conta, del testo, è l’amore dell’autore per la materia trattata. Amore che, unito alla profonda conoscenza di tutto ciò che ha anche solo minimamente a che fare con quella materia, rendono insieme L’affare Vivaldi un libro da avere, da leggere più volte, e da tenere come manuale di scrittura creativa: scrivi ciò che sai, scrivi di ciò che ami, e forse potresti partorire qualcosa di buono.

Cosimo Benzi Angelini

P.S. per l’autore: anche prima delle note finali ho ascoltato In memoria æterna. Sono senza parole. Ma forse una mi rimane: grazie.

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