Fabio Genovesi – Cadrò, sognando di volare (Mondadori)

Fabio Genovesi – Cadrò, sognando di volare (Mondadori)

Premessa  

Fabio Genovesi è di Forte dei Marmi; io sono di Forte dei Marmi; e tutti i suoi libri sanno di Versilia: sanno di salmastro, di Alpi Apuane, di marmo e di ignoranza. Perché “in Versilia c’è abbondanza di rena e d’ignoranza”. Eppure quest’ultima, come nella realtà, è da noi dolce e quasi antica. L’ignoranza dei vecchi che ti bestemmiano contro (che essi siano preti, bagnini o avvocati poco importa), e lo fanno però con l’amore nel cuore. Non ti trattano male per odio, ma per natura. Quella particolare natura, e rude, che rende i protagonisti dei libri di Genovesi (anche se mi verrebbe da dire Fabio, per tutte le volte che si vedeva pescare al pontile del Forte) così veri, insomma, così rassomiglianti alla realtà.

Ma la questione è un’altra: questa vicinanza con l’autore, con i suoi luoghi (che sono un po’ anche i miei luoghi), non mi permette di essere obiettivo. E se non lo sono mai, perché un giudizio o un tentativo di critica sono necessariamente influenzati da una soggettività, oggi lo sarò ancor meno.

Pantani, uno sfigato e un prete dal passato focoso

La trama del libro è semplice, e non ve la dirò. Leggetevelo, oppure leggetevi qualche recensione (che più di recensire un libro, certi testi narrano la trama con orpelli barocchi e vomitevoli bellissimo emozionante indimenticabile).

La bravura dell’autore sta, in questo libro, nella capacità di intrecciare con armonia l’invenzione alla realtà, la storia dei personaggi strambi e inventati (lo sfigatello di nome Fabio, il prete missionario che ha fatto l’amore con chissà quante donne, la bambina che finge di essere una gallina etc. etc.) con quella dell’eroe mitico ma reale (cioè Pantani, il Pirata). E tra la storia di Fabio e quella di Pantani sussiste un mondo intero di corrispondenze: l’amore mancato, la tragedia, le cadute che però sono ricompensate da vittorie, da sogni realizzati.

La differenza, tra i due, è una sola: Pantani muore quando forse, Fabio, inizia a vivere davvero.

Bravo, Fabio. E grazie

Ma c’è una cosa, forse evidente e banale che però non mi si scolla dalla mente. Tutta l’opera di Fabio (che non riesco più a chiamarlo per cognome) è una grande lezione di scrittura. Non basta saper scrivere bene, né avere la capacità di inventare storie avvincenti. A volte basta amare ciò di cui si scrive, per essere grandi scrittori. Così Fabio, quando scrive dei suoi luoghi (e dei miei, come il bar La Gazzella) e dei suoi eroi (come Pantani, che ho imparato ad amare troppo tardi), ecco quando scrive di ciò che ama lui è un grande scrittore.

E io lo dico: oggi Fabio Genovesi è un grande scrittore. E sono sicuro che non serva esser cresciuti al Forte per poterlo dire. Quindi grazie per parlare del mio paese a tutta l’Italia, e grazie di farlo con quello stile così limpido ma caratteristico che ti distingue, e fa dire a noi lettori “eccolo! È Fabio. Eccolo. Mi è mancato”.

 

Cosimo Benzi Angelini

 

4 Risposte a “Fabio Genovesi – Cadrò, sognando di volare (Mondadori)”

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