Due.città – J. Á. González Sainz (Helvetia, 2021)

Due.città – J. Á. González Sainz (Helvetia, 2021)

Tutto il mio lavoro e la mia vita scorrono sotto l’insegna del due: due paesi, due vite, due lingue, l’andare e il ritornare…

E due sono le città italiane in cui Sainz ha vissuto più a lungo: Trieste e Venezia. Città così vicine e così lontane, con in comune lo stesso mare eppure così diverso. Due.città è una raccolta di racconti, due appunto, ambientati nelle città che ha abitato e vissuto.

I racconti, però, sono «due racconti naufraghi», rimasugli di altrettanti progetti naufragati che non vedranno più la luce. Collegati, quindi, non solo dalla stessa penna (sarà cambiata, forse, tra le due stesure, ma potrebbe essere sempre dello stesso modello?, magari lo stesso modello di penna che scrive sullo stesso tipo di carta?) ma anche dallo stesso destino.

Trieste, «una città che è tutte le città»

Nel primo racconto, Una leggera differenza di espressione, un amico dell’io-narrante scompare all’improvviso senza lasciare traccia né indizi sulla sua fine. O meglio, qualche indizio lo si può trovare in alcune espressioni, in alcune riflessioni sulla città. Perché a Trieste c’era arrivato per caso, prendendo il treno sbagliato, e dopo averla vista aveva deciso di rimanerci.

Ecco, mi raccontò che si disse, un destino che è il destino del caso, un buon risultato che è conseguenza dell’errore, una città che è tutte le città in un luogo che è tutti i luoghi e un tempo che è tutti questi ultimi tempi, il luogo di tutte le contraddizioni e di tutti gli incontri, con la montagna che prende la città alle spalle e il mare che le entra in faccia […]. Non nessuna parte, mi disse, ma tutte le parti, non niente, bensì tutto, tutto già ancora.

Trovarsi per caso in una città che non solo è tutto, ma è «tutto già ancora», implica una fuga forse non imminente, ma già scritta, segnata. Così è stato. E solo a distanza di tempo il protagonista rilegge le parole dell’amico alla ricerca di nuove tracce, di segni che avrebbero potuto preannunciare la scomparsa. Già nell’incipit il narratore ricorda, come da titolo, l’ipotetico indizio in una peculiare differenza di espressione dello scomparso, un cambio di persona in una frase fumosa e chiarissima insieme:

Sono appena arrivato, e devo già ripartire, mi disse: oppure, non ricordo esattamente, forse quello che disse fu che sembrava come se fossimo arrivati da pochissimo e tuttavia dovessimo già andarcene. E questa differenza, questo piccolo salto dalla prima persona singolare alla prima plurale, è diventata oggi, a sei lunghi mesi dalla sua sparizione, non tanto di vitale importanza per riuscire a sapere che cosa ne sia stato di lui, ma forse addirittura la pista più plausibile.

Alla fine del racconto, un piccolo colpo di scena risolve i dubbi sull’incolumità dell’amico. Ma non scioglie i nodi sui perché, sui per come: il lettore trarrà le sue conclusioni.

Venezia e la «strozzatura delle calli»

Il secondo racconto, L’altra strada, ha come protagoniste Venezia, le sue calli e la paura di cambiare abitudini. L’io-narrante, abituato a fare tutti i giorni la stessa strada per andare al lavoro, si accorge all’improvviso di una possibile strada alternativa. Forse più breve, forse più lunga, forse senza uscita. Ma non può saperlo finché non la prova. Eppure non la vuole provare per mille e più motivi: la paura di cambiare, la paura di perdere tempo e addirittura di perdersi.

Ma la più importante è «la paura, il timore di perdere quella sistematicità, quella minuziosità sicura e abituale» che annoia anche il protagonista, lo stufa, ma allo stesso tempo lo rassicura. E se cambiando un’abitudine così minuscola e consolidata cambiasse anche altro? E se stufassero i baci dell’amata che lo aspetta a casa? E se stufasse l’odore delle lenzuola pulite, che hanno sempre lo stesso odore, fresco e noto?

Così quella strada continua a non prenderla mai, e si ostina a pensarci fino a preoccupare il protagonista stesso: «a volte penso che mi si possa trasformare in un’ossessione irreversibile».

Due città, due storie, un libro da leggere

Al lettore rimane da scoprire se la strada non presa rimarrà tale, e le varie motivazioni. E se il lettore è avveduto e vispo, non potrà non interrogarsi sulle proprie strade non prese, sulle proprie sparizioni, sulle proprie fughe.

Forse è una e l’altra cosa, paura e precauzione nello stesso tempo, saggezza e spavento. Ma ho forse esplorato tutti gli angoli del mio percorso abituale sfruttandone – me ne sono reso conto – tutti gli anfratti del mio itinerario per poter dire che ormai lo conosco per intero e ne sono stanco o giunto alla fine?


Il libro Due.città è stato pubblicato dalla Helvetia Editrice nella preziosa collana dei “Taccuini d’Autore”, diretta dall’amico e scrittore Roberto Ferrucci. La collana «raccoglie libri in viaggio. Testi che girano per il mondo, percorrono le frontiere della scrittura, che attraversano quest’epoca astrusa cercando tracce di significato, incontrando storie, paesaggi, personaggi. Libri che ci accompagnano nella quotidianità e nei nostri altrove».

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