Cronache milanesi – Coincidenze

Cronache milanesi – Coincidenze

Quanto ho odiato Milano… le persone sempre di corsa e io lento, quasi zoppicante. La nebbia che dura sei mesi, e il caldo che affoga gli altri sei. Potrei continuare questo elenco non proprio disonesto, ma mi fermo qui: Milano, in realtà, fa da sfondo a memorie e ricordi. Non ha colpe, Milano, se non quella d’esser stata sfondo casuale di cose passate. Come potrei amare Milano? Come potrei tollerare quella stazione centrale, ricordando quei saluti definitivi?

Mai mi sarei aspettato di viverci, a Milano. Forse tutti devono passarci, prima o poi. Eppure, pensare che proprio io sia qui, è strano. Io che non ho mai amato molte città, ma ne ho sempre odiata solo una! Forse era un odio fittizio… quelle immagini così fresche, così vive… Ma era necessario venire. E, chissà? Potrei amarla, un giorno. Non come Genova, ma forse potrei. Nessun terrazzo vista mare può calmare i miei pensieri quassù. Però questa nebbia, quel caldo, questo caos, tutto questo potrebbe mancarmi, un giorno. Ma ne riparleremo a fine anno, quando potrò fare le valigie e i bilanci.

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Sembra proprio che il mio ritorno, nonostante tutto, fosse scritto. Potrebbe forse essere un caso quello di essermi ritrovato a vivere dietro via Padova. Sì, è sicuramente un caso. Ci sono circa 5000 vie a Milano. Andare ad abitare accanto a una via dal qualche legame, non è così impossibile, no? Il caso, il caso… anche perché potevo scegliere tra altre decine e decine di case… invece dopo settimane di ricerca potevo decidere tra due sole opzioni. Ho scelto quella più comoda, ovviamente. Ho portato l’essenziale: vestiti, una decina di libri, medicine. E un Baby Yoda dell’Esselunga trovato chissà quanto tempo fa. L’ho preso per portare con me una persona che non avrebbe potuto seguirmi. E appena arrivato ho capito che, per forza di cose, io dovevo incappare in Milano. Era scritto!

Sceso dal taxi, corro verso la mia nuova casa. Prendo l’ascensore fino al quinto piano, nessuno scricchiolio, nessun rumore preoccupante. Entro in casa affaticato, butto le valige in un angolo e tento di riprendermi. Bevo un bicchier d’acqua, respiro, mi tolgo le scarpe. Controllo la mia stanza, la cucina, il bagno. Tutto è in ordine, tutto è pulito. Poi vado per sedermi sul divano, quando vedo alcune statuine sul mobile del salotto: è la serie a cui appartiene il mio Baby Yoda. E no, tra quelli Baby Yoda non c’è. Ce ne sono una ventina ma quella statuina, l’unica che mi sono portato e l’unica che ho non c’è. Insomma, capite adesso cosa intendo quando dico che, forse, era scritto?

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Potrebbe sembrare poca cosa. Potrebbe sembrare tutta una montatura, una sceneggiata. Eppure ho sempre creduto ai collegamenti non troppo casuali, agli eventi legati insieme da fili sottilissimi, invisibili. Ne ho vissuti talmente tanti da aver avuto la tentazione (sciocco me) di scriverci un libro, come se certe coincidenze che riguardano solo me possano avere qualche valore anche per altri. Follia.

Eppure ci credo ancora.


Un’ultima coincidenza aggiunge un tassello a questo strano mondo che mi si sta creando attorno. Senza saperlo, sono andato a vivere nel quartiere caro ad uno dei poeti che più ho letto nell’ultimo anno: Franco Loi. Non solo di nascita genovese, ma cresciuto qui, non lontano da dove abito. Loi ha cantato questo quartiere, era il suo quartiere! E adesso, il posto dove è cresciuto, dove ha corso e camminato, sarà lo stesso che, per qualche tempo, percorrerò anch’io. Niente di che, in effetti, se consideriamo tutti quei poeti milanesi sparsi per la città, eppure…

Eppure non è ancora finita questa mia visione di fili impossibili: Loi è morto l’anno scorso. Avrei dovuto conoscerlo, incontrarlo, ma non è stato possibile. Avevamo programmato la presentazione di un suo volume, e la pandemia ha rimandato tutto. Ha rimandato a mai più. Ma sbaglio a dire che, in qualche modo, ci stiamo incontrando adesso?

Non si può allora non concludere con alcuni suoi versi che, in modo azzardato, si legano alle mie reali invenzioni qui descritte, e alla scomparsa del poeta:

… ‘me la nèbia
d’una vita che sù pu se sia stada
vera o inventada, ma che me
vegn su
‘me ureggiada tra j òmm de la
tèra.

e in italiano:

… come la nebbia
di una vita che non so più se sia stata
vera o inventata, ma che mi
viene su
come orecchiata tra gli uomini della
terra.


Per voi, lettori amorevoli che siete arrivati fin quaggiù, un regalo speciale: una lettura di Franco Loi di una sua poesia.

 

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