Due anni fa, in questo periodo, la mia strada si allontanava da Padova e scrivevo il mio saluto alla città. Uno dei tanti arrivederci, addii mai definitivi, nonostante tutto. Ma tutto che? Vi chiederete voi. Poco importa.
A distanza di due anni mi ritrovo, come tutti, come capita sempre, a dover fare delle scelte. La sicurezza apparente è ostentata per un tentativo spesso vano di auto-convincimento, e le certezze, quelle assolutamente certe, vacillano sotto il peso del dubbio.
Genova! Che città, per me. La certezza certa del voler rimanere si schianta contro la realtà, che le certezze non accetta. Giri di parole inutili per dire che non sono sicuro di cosa fare della mia vita di fronte alle scelte più difficili di sempre. Ho già parlato di dubbi e incertezze in questo pezzo, di pochi mesi fa: la sostanza non cambia, sono solo più vecchio di tre mesi.
Strada non presa, strada da prendere
Un caro amico, anni fa, mi fece innamorare di una delle poesie più note di Robert Frost: The road not taken. Da allora quei versi mi seguono e perseguitano. Quella poesia l’ho ricopiata decine, decine di volte. L’ho scritta sulle mani, un giorno particolarmente infelice. E, da qualche parte che io so, è incisa su una bussola (mai incisione fu più azzeccata). Il senso non evidente di quella poesia, secondo il mio caro amico, era questo: non conta tanto la strada che prenderai quanto il prenderne una.
Non ho mai preso sul serio quella lettura (ben sapendo che forse lettura migliore non c’è), ma non ho mai smesso di ripetermela. E allo stesso modo me la ripeto stasera, affacciato alla finestra mentre inspiro il fumo denso del Toscano. Fingendo di essere sul terrazzo che non ho, nella casa che non è mia, solo i vizi distraggono dal dubbio. Che fare? Mi chiedo. Inspiro. Che fare. Espiro. Una nuvola mi avvolge e non sento più il bisogno di chiedermi niente. Poi un cattivo refolo si porta via la mia privata nuvola, e torno sulla terra.
La prima certezza è il voler rimanere a Genova. Rinuncio volentieri al resto del mondo, per questa città. Chiamatelo destino, ritorno alle origini, richiamo del sangue… usate l’etichetta che volete, io da qui partirei con troppo dolore per mille e mille motivi.
Un’altra certezza… non ce l’ho. E a chi dice “è proprio questo il bello della vita”, posso solo rispondere: così così.
[…] e la paura di cambiare abitudini. L’io-narrante, abituato a fare tutti i giorni la stessa strada per andare al lavoro, si accorge all’improvviso di una possibile strada alternativa. Forse […]