Cronache genovesi – Città che nutre e (non) stanca

Cronache genovesi – Città che nutre e (non) stanca

Appena entri in casa ti togli la giacca, le scarpe, e ti butti sul divano proprio lì, davanti all’ingresso. Non hai ancora capito come possa essere così stancante immergerti nella città che ami, dopo un lungo giro con le persone a cui vuoi bene, e camminare, camminare, camminare. Ti nutri di questa città, delle persone che la abitano, dei personaggi che la affollano, dei suoi odori non sempre profumati, eppure quest’immersione ti stanca come una maratona fatta non solo di passi veloci, di corse, ma anche di suoni, di voci, di profumi, di urti con i passanti, di colpi di tosse, di gambe che sporgono dai portoni.

Seduto sul divano non senti alcun rumore esterno. Solo qualche sirena, ogni tanto, e qualche voce, condomini che salgono le scale. A volte, quando il vicino apre la porta di casa sua, sembra che stia entrando lì, da te, e te lo dicono tutti, ma prima o poi ci si abitua anche a quello, ci si abitua a capire che nessuno di quelli che vorresti vedere entrerà dalla porta così, d’improvviso, è soltanto il vicino che torna a casa dalla moglie, dai figli, e tu lì, ad aspettare nessuno, su quel divano, a goderti il silenzio, il riposo, dopo un’immersione sempre più stancante.

Come può stancarti così tanto ciò di cui ti nutri, ancora, non l’hai capito. Infatti continui ad andarci, se non tutti i giorni, almeno uno ogni due, non stai mai troppo a casa, non riesci, vuoi scendere e camminare lì, tra quelle persone di cui inizi a riconoscere i discorsi che stanno per fare, i loro modi, le loro debolezze, e tutto questo soltanto guardandoli, perché a forza di guardarli hai capito che la panettiera da cui compri la focaccia quando scendi in città, in quella panetteria all’angolo, è stanca, stanchissima, senti che qualcosa non va e vorresti tanto proseguire i soliti discorsi, Due euro di focaccia, per favore, ma come stai?, vorresti chiederle, ma non glielo chiedi mai, e quando hai pensato di farlo, anzi, quando eri convinto di essere pronto a fargliela, quella domanda, lei, proprio lei, non lavorava più lì.

Ma anche il macellaio da cui vai una volta a settimana ti sembra preoccupato, non parli mai con lui, soltanto i soliti buongiorno, grazie, buonasera, accompagnati da sorrisi più o meno aperti, più o meno forzati, dipende dalla giornata, e vorresti parlare anche con lui, davvero, magari della donna che non lavora più lì, Due svizzere, per favore, e lei?, lei dov’è finita?, ma non hai il coraggio, e a te cosa importa, poi, dove sia finita, e tu chi sei per lui se non uno dei tanti, uno che passa e va, a volte torna ma va, comunque va.

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Ti sei reso conto di quanto ti sia necessario scendere in città proprio quando hai smesso di avere degli amici, lì. Certo, qualcuno c’è ancora, ma non li trovi in quella città, non li incontri casualmente camminando nei vicoli, al porto, come quella volta che hai trovato un’amica di tutt’altra parte d’Italia, proprio lì, proprio al porto, mentre mangiavi della focaccia seduto sulla panchina. Insomma, non c’è più nessuno che giri come te, con te, tra i vicoli, sul porto, Se fossero questi i problemi veri della vita, dice qualcuno, è che sono tutti sparsi, ti dici, un po’ qui un po’ lì, sparsi in così tante città, in così tanti paesi diversi, e proprio quando in questa città hai smesso di incontrare casualmente amici, hai capito che di questa città non ne potevi fare più a meno.

Fa sorridere pensare che la città in cui hai deciso di vivere è anche la città che più ti fa capire cosa significhi esser soli. Tu come tutti, si intende, non sei mica tanto speciale. Per questo esci, ti immergi, e giri bar e biblioteche per lavorare in posti affollati, in cui non hai il tempo, il silenzio adeguato per renderti conto di essere solo. Per questo, quando giri in quella città, cerchi di parlare un po’ con tutti, ridi, scherzi, e cerchi di chiacchierare con chiunque passi, come quella signora alla fermata del bus che hai invitato a giocare con te e i tuoi amici.

Per farti capire meglio, però, l’esempio perfetto di come vivi la città ti è accaduto proprio pochi giorni fa, quando hai superato in moto una grossa signora in scooter, e lei ti si è accostata, poco dopo, al semaforo. Quella sorta di befana gigante e senza denti, su uno scooter così piccolo da sembrare finto, appena ti si è accostata ha girato la testa verso di te, ma non guardava te, guardava lei, la ragazza seduta sulla moto con te, e dopo averla squadrata, mentre te guardavi quella signora gigante su quello scooter così piccolino, ti ha rivolto la parola, Che caldo che fa oggi, ti ha detto, e tu non hai aspettato troppo per avere la risposta, come se fosse già pronta, Eh, signora, se ha caldo si spogli. Sentivi la mano di lei sulla tua schiena, la sentivi ridere, ma l’hai sentita ancor di più quando la signora, in risposta a quella impudenza, ha sollevato leggermente la gonna per far vedere la caviglia, lanciandola in aria come a dire, Guarda che so di cosa parli, eh. Allora sì che avete riso, tutti e tre.

Ma se fosse finita lì, sarebbe stato un evento come tanti. È che la signora aveva voglia di parlare, aveva voglia di quei discorsi che si fanno così, un po’ al vento, tanto per, quegli stessi discorsi che fai tu in giro per la città quando parli con gli sconosciuti, tanto per, e per questo ha continuato, Però stasera viene freddo, dicono, e te non sei riuscito a trattenerti, le hai risposto subito, E allora si rivesta, signora, e dicendo questo è scattato il verde, sei ripartito mentre la signora rideva a bocca spalancata, senza denti, ancora ferma al semaforo, e in quel momento hai sentito ancora di più la mano di lei sulla tua schiena, lei che rideva, e qualche lacrima ti è scesa perché sì, forse non la sai rendere a parole, ma la scena era proprio comica, e le lacrime uscivano perché ridevi troppo.

Solo in questa città riesci a vivere certe cose, solo lì riesci ad essere così. Quindi poco importa che tu sia solo, lì, perché tanto solo non lo sei. Basta vestirti, andare nei vicoli, mischiarti con chi beve dalle dieci della mattina, con chi vende birre anche prima delle dieci, e parlare con loro, e aspettare che lei torni a trovarti. Che sia l’attesa, stancante, e non tutto il resto?

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Grazie a Chiara Fasano per le fotografie (non) di Genova.
La trovate su Instagram come @chiarafsn, o a questo link.

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