Cronache genovesi – 17/04

Cronache genovesi – 17/04

A Genova abito nella via parallela a quella dell’Università. Sono fortunato, perché una volta scesi i quattro piani di scale, senza l’agognato ascensore, in cinque minuti mi ritrovo seduto in aula. Certo, le due vie parallele sono a un’altitudine diversa, quindi dopo aver sceso le scale devo salire fino alla via principale, la via turistica e universitaria. Ma è solo una piccola fatica, e sopportabile. Soprattutto perché in una città così strana, salite e discese sono come la nebbia in Veneto, i fiorentini in Toscana e i frati ad Assisi. Ed è strano sentire il boato delle navi da crociera mentre si è affaticati in una salita tipica dei paesi montani, ma questa è Genova.

A differenza di Padova, dove ho vissuto per 4 anni, a Genova ci rimarrei. Non è nei miei progetti rimanere, ma ritornare per rimanere è più che un’idea. Non me ne vogliano le persone che ho lasciato al Nord, ma Genova ce l’ho nel sangue. Mentre la nebbia di Padova, con la sua provincia tutta campi, in contrasto con la bellezza del centro storico, non mi appartiene. Anche quel dannato posto è dentro di me, sia chiaro; ma c’è entrato a forza, e con non poco dolore. E se ricordo cos’ho fatto in quegli anni, tra il freddo atroce dell’inverno e il caldo inumano dell’estate, e se ricordo dov’ero il 17 aprile dell’anno scorso, è solo perché me lo sono scritto. Qui sul mare è diverso: sul mare sono nato, e quindi ogni posto di mare è casa, ed ogni giorno mi dà qualcosa che rimane. Il Veneto no; è una parentesi, che inizia e finisce. Una parentesi amorosa, anche, ma è finita. E se tornerò, non sarà per rimanere: sarò di passaggio, per salutare persone e rivedere luoghi; verrò in sosta, ecco, come negli autogrill dell’autostrada: ti fermi un po’, e te ne vai perché il tuo posto è altrove.

Del 17 aprile dell’anno scorso ricordo chiaramente un gruppo di Ultras baccanti con vino e discussioni ad alta voce; ricordo alcuni sorrisi in particolare, e alcuni discorsi: parole vane. Poco è rimasto, a parte una cosa: la consapevolezza dell’ imminente partenza, per l’imminente laurea; la sensazione di vedere la città in modo diverso, con occhi sognanti e quasi umidi per la partenza. Ricordo perfettamente come mi sentivo, in quei momenti, ed è strano che mi senta così anche oggi, anche qua, nonostante io sia appena arrivato. Sono appena arrivato ma le scatole del trasloco sono pronte sopra all’armadio, in attesa della prima occasione.

Sono in attesa di abbandonare questo Stato, e forse tornerò. Forse tornerò un 17 aprile, e mi ricorderò di queste parole (così inutili); e mi ricorderò del 17 aprile scorso, e di quelle parole (così vane). In attesa della mia partenza, brindiamo ai momenti passati, all’arrivederci futuro, e al possibile ritorno. Cincìn.

 

   “Un uomo è tale più per le cose che tace che per quelle che dice.”

Albert Camus

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.