L’odore dei libri e delle librerie

L’odore dei libri e delle librerie

Ci sono poche cose a cui i bibliofili non riescono a sottrarsi: annusare l’odore dei libri è una di queste. Ci sono bibliofili più o meno raffinati, anche per quanto riguarda il gusto olfattivo, ma per la maggior parte non c’è distinzione: tutti i libri devono essere annusati. Non importa che siano edizioni tascabili ed economiche di poco conto, o vecchi libri ricoperti di muffe bianchicce e pelose. Non importa che siano libri nuovissimi – tra l’altro dall’odore per lo più sgradevole – o libri passati di mano in mano. I bibliofili, i libri, li devono annusare.

E così io, quando inizio un libro, lo annuso sempre. Prima lo guardo: la copertina, i risvolti, gli eventuali inserti che sporgono dalle pagine. Cerco l’ultima pagina, senza leggere il finale, per vedere quante pagine mi aspettano. Poi lo apro a caso e leggo qualcosa, a caso; strano a dirsi, ma quel qualcosa ha sempre un significato importante. Infine, mentre con la mano destra tengo il libro per la costa, con la sinistra faccio sfogliare velocemente le pagine. Si crea così un refolo artificiale che porta con sé l’odore totale delle pagine, della carta, l’odore della libreria che ha conservato il libro per chissà quanto tempo.

libri edizioni per bibliofili annusare libri librerie

Una volta colto l’odore generale, arriva però il momento che più fa specie al non-bibliofilo: l’immersione. Si chiama così quel momento in cui si apre il libro circa alla metà e si immerge letteralmente, il più a fondo possibile, il naso, quasi a toccare, talvolta, la legatura del libro. Di pari passo con l’immersione si inspira molto profondamente, quasi si sniffa alla ricerca dell’odore del libro. Alla ricerca della sua anima.

Ha ragione Matteo Codignola quando scrive, nel Catalogo 2009-2019 delle edizioni Henry Beyle, che vorrebbe rinchiudere i bibliofili in campi di lavoro «dove fossero costretti magari a leggerli, i libri: e in edizioni orribili, volte a scoraggiare tutte le annusate, i palpeggi, gli osceni studi in controluce cui indulgono in privato, e ahimè soprattutto in pubblico». Ha ragione in particolare sulla totale mancanza di pudore del bibliofilo, che non ha problemi ad annusare i libri altrui, i libri in pubblico, i libri delle biblioteche o i libri abbandonati su tristi panchine. E ha ragione quando dice che bibliofili, ogni tanto, dovrebbero anche leggerli i libri.

Ma come si fa, rispondo io, ad avere il tempo di leggerli tutti? Per ogni libro letto, immancabilmente, ne compriamo due, tre, cinque. E anche se leggiamo tutto il tempo, tutti i giorni della nostra vita, comunque non riusciamo a tenere il passo degli acquisti.

Su una cosa, invece, il Codignola ha torto, e cioè sul considerare una tortura annusare (e leggere) edizioni orribili. Ha torto solo in parte, ovviamente. Ci sono bibliofili con gusti raffinatissimi, elitari, magari con tasche più gonfie (beati loro!): quello è il bibliofilo che non potrò mai diventare da amante della vecchia Bur e della vecchia Barion sempre sfatta. Quel bibliofilo che stimo comunque, che ammiro e invidio, ecco, non sono io. Io voglio sentire l’odore di tutti i libri.


Tornando all’odore dei libri, mi è da poco accaduta una cosa che merita di essere raccontata. Ho trovato, tra gli scaffali di una cara libreria antiquaria e dell’usato, un libro di Giorgio Faletti che non avevo ancora letto: Tre atti e due tempi. Per chi ancora non lo sa, Faletti è stato una delle mie prime fisse di giovane lettore. Aspettavo sempre la nuova uscita, lo guardavo in televisione, ascoltavo le sue canzoni (alcune, ancora, bellissime, e per questo ve ne lascio una alla fine dell’articolo). Poi è morto, e non mi sono fissato più con nessuno per molto tempo, fino a scoprire Fabio Genovesi, conterraneo simbolo.

Non so se rileggendo oggi i suoi libri proverei lo stesso piacere di allora, però sono ancora tutti lì, fieri, nella mia libreria personale. E quando sono capitato da Eleonora, libraia della bellissima Libreria Ex Libris di Genova, ho trovato un suo titolo che non conoscevo. L’ho comprato senza neanche leggere la trama. L’ho comprato, è vero, senza annusarlo. Volevo aspettare di essere a casa, seduto comodo sulla sedia imbottita del mio terrazzo.

Una volta a casa, ho seguito tutti i procedimenti descritti sopra. L’ho osservato, ho annusato il fiato d’aria emesso dallo sfogliare veloce delle pagine. Lì mi sono bloccato: un profumo noto. Poi ho fatto l’immersione e ho capito… è l’odore della libreria. Non c’avevo mai fatto troppo caso, ma ogni libreria ha un suo odore e quella la Ex Libris di Genova uno particolarissimo. È un misto di carta umida e aria stantia, come tante librerie dell’usato, ma con una nota particolare che non riesco a descrivere.

Vedete, la libreria si trova nel centro storico di Genova e, precisamente, sotto il livello della bellissima Via Garibaldi. Come un vino cambia a seconda dell’esposizione al sole, dei componenti del terreno, della siccità, anche le librerie secondo me hanno odori che variano a seconda di tantissimi fattori. Quello Ex Libris sa di buono, sa di cantina della nonna, e così tutti i suoi libri.

Per confermare quest’ipotesi, ho racimolato alcuni acquisti fatti da Eleonora. Li ho impilati tutti sul tavolo da pranzo e, uno a uno, li ho passati in rassegna col mio naso. Libri anche di secoli diversi, di editori opposti, di formati strampalati. Eppure, l’odore dei libri era lo stesso per tutti.


Non so se la mia libreria, un giorno, accomunerà tutti i libri con un profumo unico. Se così fosse non avrebbe neanche bisogno di exlibris particolari. Non avrebbe senso firmarli come facevo da ragazzo, con accanto al nome e cognome anche la data di lettura. Non so dove andranno quei libri, un giorno. Ma so che, fino alla fine, immergerò il mio naso nelle pagine di tutta la vita.


Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.